Almanya

A cura della prof.ssa Angiolina Di Capua

Inserita nella sotto-rassegna dei titoli in lingua originale, “Almanya – La mia famiglia va in Germania” è una commedia sull’integrazione girata dalla regista tedesca di origini turche Yasemin Şamdereli. Uscito nelle sale nel 2011, il film racconta la storia di una famiglia turca emigrata in Germania ripercorrendone le vicende, attraverso flashback e ritorni al presente, sin dagli anni Sessanta. Adottando il registro tragicomico, si rivive la progressiva germanizzazione dei protagonisti con tutte le difficoltà derivate dall’incontro-scontro tra culture diverse, ben illustrate nel ritorno della famiglia in Turchia per le vacanze. La sospensione dei personaggi a metà tra il diventare cittadini tedeschi e le loro origini turche apre a interrogativi ben più ampi e complessi sui temi dell’Alterità e dell’identità.

Il rapporto con l’Altro in Almanya - precisa Filippo Ranghiero, docente di Lingua Tedesca presso l’Istituto Masotto che ha presentato la pellicola - è analizzato sia sul piano linguistico sia su quello socio-culturale. Infatti, l’Alterità linguistica è ben ritratta nelle scene in cui i protagonisti, giunti nella Germania Federale, entrano in contatto con la nuova lingua affrontando le iniziali difficoltà di comprensione e talvolta l’impossibilità di comunicazione con l’Altro. Per gradi, faranno proprio poi il tedesco, mantenendo sempre, però, un legame affettivo con la lingua madre. Difficoltà che gli studenti possono cogliere appieno nel loro approccio alle lingue straniere.

Il film possiede, inoltre, un’evidentevalenza storico-culturale legata agli eventi del secolo scorso. In particolare, la commedia si concentra sul legame tra l’emigrazione turca in Germania e il bisogno di manodopera esplicitamente dichiarato dall’allora governo federale. Atteggiamento che lo Stato tedesco aveva assunto anche con altri Paesi, Italia compresa, intrecciando accordi per un’immigrazione a scopi lavorativi. Il fenomeno migratorio è giustificato da un movente puramente economico, ma comporta conseguenze socio-culturali estremamente importanti da analizzare, anche alla luce del panorama attuale. Si tratta di aspetti utili a ricordare, non solo agli studenti, come l’emigrazione non sia un fatto nuovo nella storia e a rimarcare quanto essa abbia contribuito allo sviluppo economico.

Riflettendo sul concetto tedesco di Heimat, ossia l’insieme di luogo e identità culturale costruito in relazione a un Altro da noi, la pellicola dimostra per di più come la costruzione dell’identità sia un processo condiviso e creato da molti fattori: una sorta di puzzle che componiamo e confrontiamo con l’Altro, elemento fondamentale che sfata il mito che il nostro puzzle sia superiore a quello degli altri.

Forte, dunque, il legame del film con l’attualità. In tempi in cui la paura per il diverso, per l’Altro, domina la quotidianità, è indispensabile porsi domande di carattere morale e filosofico: l’identità è un dato acquisito fissato a priori o è da intendersi piuttosto come un processo in fase di ri-trascrizione e ripensamento? La sfida perché lo scambio culturale con chi arriva da Altri luoghi non sia percepito solo come ostacolo è aperta.