Match point

A cura della prof.ssa Angiolina Di Capua


«Chi disse: "Preferisco avere fortuna che talento", percepì l'essenza della vita. La gente ha paura di ammettere quanto conti la fortuna nella vita. Terrorizza pensare che sia così fuori controllo. A volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro. Con un po' di fortuna va oltre e allora si vince. Oppure no e allora si perde.»

È l’enigmatico incipit che apre uno dei recenti successi del regista newyorkese Woody Allen, “Match Point”, presentato nel corso della rassegna cinematografica “Specchi di Perseo” organizzata dall’Istituto Masotto dai docenti Emiliano Brajato e Patrizia Carrucciu.

Girato a Londra e uscito nelle sale nel 2005, il film dalle forti tinte noir utilizza un classico della narrazione, ossia il triangolo amoroso, per riprodurre una riflessione amara sul concetto di sorte trascinando il pubblico in una cupa parabola morale. Protagonista della storia è Chris, un giovane irlandese di origini modeste che, entrando in contatto con Tom Hewett, rampollo di una ricca famiglia dell’alta società londinese, inizierà una scalata sociale diviso tra Chloe, sorella di Tom che diventerà sua moglie, e Nola, attrice statunitense fidanzata di Tom che diventerà la sua amante. La pellicola assume i toni serrati del thriller quando Chris vede il suo nuovo status sociale, a cui non intende rinunciare, minacciato dalle pretese di Nola, interpretata da Scarlett Johansson, che mettono in pericolo la stabilità del suo raffinato quadro familiare. Ciò condurrà l’uomo a compiere la scelta estrema dell’omicidio dell’amante riuscendo a non essere accusato grazie a un colpo di fortuna.

L’incipit dell’opera pronunciato dal protagonista assume, quindi, tutta la sua valenza simbolica nel sottolineare l’importanza nella vita della fortuna più che delle capacità e del talento. Come rimarcato dai docenti Brajato e Carrucciu, è questo, infatti, il grande tema su cui s’incentra la storia, ossia, l’eterno dilemma che anima la rete complessa del reale: siamo noi a decidere delle nostre azioni o siamo in balìa del Caso, predeterminati dal Destino? Con il suo disegno tagliente e avvincente, Allen pone lo spettatore di fronte alla relazione che noi tutti abbiamo con queste due Alterità che abitano le nostre vite, il nostro rapporto con l’enigma delle cose sospeso tra Caos e Destino, tra imprevedibilità e inesorabilità, tra inconscio e irrazionale, tutti aspetti che decidono della nostra esistenza e della nostra morte. L’epilogo del film con il delitto a cui non segue il dovuto castigo, riprendendo il titolo del romanzo di Dostoevskij che tanto ha influenzato la sceneggiatura, rivela l’assenza di ogni forma di “giustizia divina” ponendo l’individuo solo al cospetto dell’unico arbitro in grado di stabilire la nostra sorte, il puro Caso.

La ricerca di riscatto sociale e l’arrivismo ambizioso di Chris, inoltre, offrono uno scorcio lucido e spietato della società contemporanea, in cui le leggi del denaro e l’egoismo della cupidigia infrangono ogni ostacolo morale. In un’interpretazione socio-politica più ampia emergono le contraddizioni delle divisioni tra classi sociali ancora ben radicate nel mondo anglosassone e non solo.